Scopro in questi giorni che il termine assertività deriva dall’inglese to assert e in origine significava “mettere uno schiavo in libertà”. Trovo questa nota etimologica splendida e perfetta. Essere assertivi è una condizione dell’essere liberi e diventare assertivi, quando per una vita non lo siamo stati, è rimettersi in libertà. Quello di libertà è un concetto sensibile, a cui scelgo di dedicare l’articolo per disambiguare il termine e mostrarvi non solo cosa intendo io quando parlo e parlerò di libertà, ma cosa è la libertà nella sua dimensione adulta.
Essere liberi non vuol dire non legarsi, fuggire dai vincoli, abdicare alle proprie responsabilità. Non vuol dire neppure pretendere di fare ciò che si vuole con scarsa o nulla considerazione degli altri o delle conseguenze e richieste della vita o del tempo. Questa è la libertà del bambino o dell’adulto che ancora non è adulto, che non ammette sacrifici e rinunce, che è più incline ad un piacere immediato. L’adulto-non-adulto non scandisce tempi per realizzare i propri desideri: si affida al momento, improvvisa, cerca di evitare ogni frustrazione e fatica.
Chi crede che questa sia libertà pensa, così facendo, di poter darsi la possibilità senza fine della scelta, ma in realtà non sceglie mai – perché scegliere qualcosa vuol dire rinunciare ad altre possibilità – e non scegliendo non si rende conto che non sperimenta mai la reale libertà.
Essere liberi in modo adulto significa invece scegliere responsabilmente e dirigerci intenzionalmente con uno sguardo rivolto anche al medio-lungo periodo. Comporta il divenire consapevoli dei propri bisogni, valori e intenzioni, per poter di conseguenza agire verso la realizzazione di questi, eventualmente anche con sacrifici e rinunce. La libertà adulta ammette – e valorizza – l’impegno verso mete distanti se ricche di senso e sa che è una fantasia quella di poter avere, essere, fare tutto.
La liberta vera, adulta, esige impegno, volontà, discernimento, disciplina interiore, coraggio di sopportare la solitudine e il rifiuto. Finché non superiamo la paura di perdere protezione e consenso (paure dell’infanzia che portiamo con noi ben oltre l’infanzia), finché non decidiamo di agire nonostante la mancata approvazione degli altri e le difficoltà, non potremo mai essere liberi. La libertà sta nella forza di scegliere e scegliersi, accettando il rischio di perdere: perdere le opportunità non scelte, le strade non percorse, il sostegno di certi altri. Libertà è la volontà di essere ciò che si vuole essere anche quando comporta prezzi da pagare, prezzi che l’adulto-non-adulto non vuole pagare.
Ogni forma di progetto esistenziale comporta la valutazione di qualcosa che ci è possibile fare – porte che si aprono in virtù della scelta fatta – e di qualcosa che, compiuta la scelta, inevitabilmente non ci sarà più possibile fare. Quando si sceglie con maturità non si può continuare a sognare che tutto sarà ancora possibile. La scelta porta con sé la perdita, la rinuncia, in una parola, la sofferenza: nulla di strano che venga evitata quanto più possibile in una società come la nostra che incoraggia a fuggire la sofferenza in tutti i modi.
Ma la sofferenza è vita, accettiamola come sorella della libertà. Riprendiamoci la vita autentica con tutti i suoi colori e rimettiamoci in libertà.
Per questo articolo mi sono servita di ‘Assertività ed emozioni’ di Franco Nanetti.